Patrimonio
  • 9788806190804
  • Einaudi
  • 2007

Patrimonio

di Philip Roth

Il libro, come recita il sottotitolo, è una storia vera. Protagonista è Hermann Roth, il padre di Philip. Hermann è un vedovo di ottantasei anni, agente di assicurazioni in pensione, conosciuto un tempo per il suo genio, la sua forza e il suo fascino, che ora lotta contro un tumore al cervello. Colmo di amore e attenzioni, di ansia e terrore, Philip accompagna il padre in ogni momento di questa enorme esperienza, lungo il calvario di una dilatata agonia. Il figlio condivide l'umore e le miserie che il malato è costretto a subire: consulti medici, l'orrore del decadimento fisico, l'attesa inumana della separazione finale. Gli episodi memorabili si accumulano: il figlio che paragona la fredda tomografia del padre al calore della propria biografia; il confronto del suo lascito patrimoniale con quello di un taxista psicopatico; ma anche il concerto di musica da camera suonato dagli amici per Hermann; o Philip che telefona a Joanna, una compagna d'università, per calmare le proprie angosce. Fonte http://www.ibs.it/code/9788806190804/roth-philip/patrimonio-una-storia.html


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Commenti (2)

04/02/2014 - sofia
utente
Patrimonio ha il sottotitolo Una storia vera. Un libro autobiografico che Philip Roth dedica al padre narrando la sua vita a partire dal momento in cui vedovo ottantaseienne scopre di avere un tumore al cervello.Eppure non è un libro triste perchè in tutto il libro Roth ripercorre la vita di suo padre e di lui stesso che si sente in simbiosi con questo uomo difficile ma geniale:. Secondo me Philip Roth è uno dei più grandi autori viventi e lo dimostra con la sua strategia narrativa dove i legami, le origini ebraiche , i sentimenti vengono analizzati. Anche la morte a cui si sta avviando il padre viene esorcizzata e resa accessibile al lettore. Come sempre leggere un libro di questo autore suscita sensazioni che restano dentro per sempre. A quando il Nobel per questo straordinario scrittore? Da leggere!Già me lo chiedevo, ma Roth ha ottenuto molti riconoscimenti, ma non il Nobel e, del resto, leggendo le sue opere essere così diretto , a volte caustico, fuori dagli schemi poteva mai rientrare nella filosofia dei Nobel? "Dottore, ho un mucchio di gente che mi aspetta dall'altra parte"In queste pagine risalta tutto lìamore velato anche da un velato rancore, tipico dei figli nei confronti dei genitori. Direi che il sentimento filiale pervade tutto il libro Fra l'altro scrive:"Pensavo alla primitiva orda dei figli che,come Freud amava congetturare,sono capaci di annullare il padre con la forza. Io appartengo all'orda che non sa muovere un dito..Quando devastiamo,quando cancelliamo,non è con scariche di pugni o spietate macchinazioni o violenze folli e incontrollate,ma con le parole,col cervello,con le capacità mentali,con tutta la roba che ha prodotto l'abisso struggente fra i nostri padri e noi,e che essi stessi si sono rotti la schiena per darci.Nell'incoraggiarci ad essere così in gamba, non sapevano che stavano fornendoci gli strumenti per lasciarci isolati e a bocca aperta davanti a tutte le nostre furenti insulsaggini".Definito un atto d'amore che termina con una frase indimenticabile"Non devi dimenticare nulla"Anche noi non abbiamo mai dimenticato nostro padre per quanti torti gli abbiamo imputato da vivo Da leggere!

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16/03/2014 - Gino
utente
Patrimonio, una storia vera, tocca la corda delle emozioni con la forza di sempre. Lo sguardo di Philip Roth si posa sul padre ottantaseienne che, famoso per il suo vigore, il fascino, il repertorio di ricordi connessi a Newark, lotta contro un tumore al cervello destinato a ucciderlo. Il figlio, colmo d'amore, ansia e paura, accompagna il padre attraverso ogni fase del suo spaventoso viaggio finale, e nel processo mette in luce la determinazione a sopravvivere che ha caratterizzato la lunga e testarda relazione di Hermann Roth con la vita. Un compito assai arduo si pone questo romanzo, raccontarci la figura di Hermann – padre di Philip – nella sua lenta decadenza, nel suo vociferare silenzioso, nelle sue lunghe pause, per approdare nella perpetuità della quiete, la morte. La morte che non è solo quella del cuore, ma è la morte di un amore cesellato di attenzione, quelle banali, e forse insignificanti, ma che in certi momenti trovano tutto il loro profondo senso. Un rapporto che si invertirà, se prima il padre era un uomo risoluto, determinato, e con un carattere forte dopo subirà l’angheria molesta della malattia, e Philip cercherà di occuparsi al meglio di ogni suo bisogno, venendo a configurarsi come una madre per lui. Commovente su più punti, e quel ‘devo lasciarti andare’ è frutto di una consapevolezza che alla morte non si scappa neanche con l’inganno, e che nonostante tutto un Patrimonio ora e sempre resterà nella sua memoria, anche se ormai tumuli di cenere sembra essere l’unica tangibilità – falsamente -.

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