Il lupo della steppa
  • 9788804420972
  • Mondadori
  • 1996

Il lupo della steppa

di Hermann Hesse

Harry Haller, il protagonista del romanzo (uscito nel 1927), è un uomo di un carattere poco socievole, selvatico, ombroso e irrequieto che, prima di sparire all'improvviso dalla camera che aveva affittato, lascia un manoscritto al quale aveva lavorato nei mesi precedenti. In queste "memorie" Haller si descrive come una persona con due nature, una umana e una lupina, una divina e una diabolica, una che vive nel mondo dei nobili pensieri, dell'arte e della musica classica e l'altra che odia e disprezza la vanità e la superficialità del mondo borghese. Queste due nature si combattono in lui e rendono la sua vita una sofferenza continua, causano il suo isolamento sociale, lo rendono incapace a godersi la vita e lo rendono un soggetto pericolosamente inclinato al suicidio. Nel momento in cui era quasi giunto a questo ultimo passo drammatico conosce, in una trattoria dei sobborghi, una donna, Erminia, che, con seducente femminilità lo conduce, poco a poco, a convertirsi ai piaceri della vita moderna e a recuperare quello che ha trascurato e perduto negli anni precedenti. Il finale del racconto si svolge in un "teatro magico (solo per pazzi)" dove, nel momento in cui crede di aver finalmente recuperato la capacità di amare uccide la persona amata con una pugnalata al cuore eseguendo così l'ultimo desiderio della sua amata Erminia. Per questo delitto viene condannato, nel "Teatro magico", alla pena della vita eterna, Mozart gli si siede accanto, gli da dello stupido e lo esorta a comprendere l'umorismo della vita, a finirla di fare il sentimentale, il suicida o l'omicida e di prendersi troppo sul serio, ad imparare a ridere! Fonte http://www.viaggio-in-germania.de/hesse-lupo.html


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Commenti (2)

16/03/2012 - sofia
utente
"Io non posso e non voglio prescrivere ai lettori come abbiano da intendere il mio racconto. Ne faccia ognuno ciò che risponde e serve al suo spirito!" (Hermann Hesse sul suo romanzo "Il lupo della steppa").Questa frase la troviamo alla fine nelle note dell'autore Il lupo nella steppa di Hermann Hesse è stato definito il suo capolavoro. Effettivamente l'introspezione del personaggio chiave del romanzo Harry Haller è perfetta e in sintonia con i tempi in cui il romanzo fu scritto il 1927.Il protagonista è un uomo che ama la solitudine, ombroso e irrequieto, prima di sparire come affittuario di una camera in una casa borghese lascia un manoscritto, dove si descrive come un personaggio complicato con due nature una umana e una simile ad un lupo che vaga nella steppa. Ciò gli causa immani sofferenze tanto da raggiungere il desiderio di suicidarsi. Lo salverà una ragazza Erminia che gli insegnerà le gioie della vita, ma che lo porterà anche ad un finale tragico.Il romanzo molto introspettivo è secondo me accessibile soprattutto da chi ha un'esperienza di vita e di come a volte abbia sentito dentro di sè desideri opposti che gli hanno lacerato l'anima.A me personalmente Harry è un personaggio che non è piaciuto, troppo cerebrale, troppo drammatico e senza un briciolo di umorismo. Sarà questa la sua condanna imparare a sorridere alla vita e non mi resta che tirare un sospiro di sollievo. Benedetto uomo ci vuole poco a vivere serenamente senza portarsi addosso tutti i mali del mondo!Consiglio a chi vuole fare un sunto della sua capacità di vivere.

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19/07/2012 - Gino
utente
Protagonista Harry Haller è un intellettuale sulla cinquantina che, in un manoscritto abbandonato prima della sua misteriosa scomparsa, descrive il disagio della sua "duplice" natura: l'umanità, cioè l'amore per l'arte e il divino, la nobiltà d'animo e di pensiero, e la bestialità (il "lupo"), alla ricerca dei piaceri selvaggi. Questo suo carattere, ombroso e irrequieto gli rende difficile se non impossibile socializzare e lo porta ad odiare e disprezzare la vanità e la superficialità del mondo borghese. L'isolamento sociale e l'incapacità di godersi la vita lo avvicinano sempre più al suicidio, ma proprio nel momento più drammatico conosce, in una trattoria dei sobborghi, Erminia, donna seducente che lo conduce, poco a poco, ad una conversione ai piaceri della vita moderna facendogli recuperare il tempo perduto. Il finale del racconto, in un "teatro magico" vede Haller, ormai convinto di aver recuperato la capacità di amare, che uccide con una pugnalata al cuore la persona amata. Esegue così l'ultimo desiderio della sua amata Erminia ma, nel "teatro magico", il delitto di cui Haller si è macchiato gli costa la condanna alla vita eterna, con lo scherno dei grandi del passato che sedendogli accanto lo invitano a comprendere una volta per tutte l'umorismo della vita per imparare a ridere senza dar peso eccessivo ai sentimenti. Nel romanzo si sviluppa uno dei temi preferiti di Hesse, cioè la ricerca dell'interiorità attraverso la contemplazione dei tanti, spesso contraddittori aspetti dell'io, rappresentata sia dalla preoccupazione di Haller per l'incoerenza del proprio animo, sia dalla metafora finale del "teatrino magico". Un altro tema importante è la Multiformità della natura umana. Inizialmente l'uomo viene presentato, sia dalle speculazioni di Harry che dalla Dissertazione, come duale, ossia coesistenza spirituale in un unico corpo materiale di due essenze, una "umana", che lo porta ad aprirsi agli altri e ad allacciare rapporti sociali costruttivi, e un'altra "lupina" che lo porta invece a rifuggire il contatto umano e a trovare isolamento in se stesso. Questa dualità è di tipo spirituale, ma nel libro si allude anche alla dualità fisica cui sono soggetti gli uomini, i quali in misura diversa si compongono di caratteristiche femminili e maschili. Il personaggio che rispecchia questa caratteristica è Erminia, di cui viene sottolineato in numerosi episodi il sensuale ermafroditismo (essa assomiglia tra l'altro ad Ermanno, un amico d'infanzia di Harry). Herman Hesse, autore del "Lupo della Steppa" ha fornito alcune precisazioni riguardo al romanzo: La prima riguarda la sua scrittura; l'intera vicenda di Harry Haller è evidentemente molto triste, ed è il prodotto di un periodo ugualmente grigio attraversato dall'autore stesso (famiglia distrutta, secondo matrimonio fallito, disagio nei confronti della guerra che inequivocabilmente si sente prossima), ma Hesse precisa che il libro non è una sorta di sfogo, di urlo liberatore da una situazione pesante: esso tratta sì di un uomo profondamente triste e angosciato, ma ha un contenuto positivo che il lettore deve cogliere. Questo messaggio si trova alla fine del romanzo, e spiega al protagonista (per bocca dello stesso Wolfgang Amadeus Mozart) il mezzo per superare i dolori della vita, cioè l'umorismo, la risata "immortale". Così Hesse, dopo aver descritto minuziosamente il decorso della malattia dell'animo di Harry, propone anche la cura, e lascia intendere al lettore un finale luminoso dopo pagine e pagine di un incombente grigiore; anche se non lo esplicita, lo lascia solo immaginare. Hesse arriva a dire che non avrebbe mai pubblicato il libro se non avesse contenuto un messaggio positivo: disse che non bastava indicare il male, ma anche trovare la cura. Un'altra nota riguarda il carattere del libro, che è definito dall'autore come un "racconto", o meglio una "biografia dell'anima". Tuttavia esso assume per lo più le sembianze di un lungo monologo pronunciato da Haller, in cui si analizza il suo rapporto con la società che lo circonda e il proprio io; questo è un aspetto abbastanza comune dei "racconti" di Hesse. In una successiva nota, resa pubblica dopo il successo del libro, lo scrittore si lamenta del fatto che il significato più profondo delle vicende del protagonista non viene sempre colto, specialmente da coloro che ne sono entusiasti. Questo è dovuto in larga parte al fatto che l'opera si ritrova spesso nelle mani di giovani, mentre è stata scritta considerando le problematiche di adulti di circa cinquant'anni. Comunque, dice l'autore, succede che anche lettori di quell'età fraintendano il fine del libro, e si soffermino solo sulle vicende tristi di Haller, in cui si riconoscono. Al di sopra di esse si erge un'altra dimensione, molto più alta e rilevante, in cui si descrive l'anima, i rimedi degli immortali alla difficoltà della vita, una dimensione positiva, in antitesi con quella negativa "sottostante". Hesse dirà in seguito: “Non basta disprezzare la guerra, la tecnica, la febbre del denaro, il nazionalismo. Bisogna sostituire agli idoli del nostro tempo un credo. E' quel che ho sempre fatto: nello Steppenwolf sono Mozart, gli immortali e il teatro magico; nel Demian e in Siddharta gli stessi valori, solo con nomi diversi.” [Hermann Hesse, dalla poesia Krisis] “Egli non fu mai lieto in nessuna mattinata della sua vita, non ha mai fatto nulla di bene prima di mezzogiorno. Solo durante il pomeriggio si scaldava lentamente e diventava vivo, soltanto verso sera, nelle giornate buone, diventava fecondo, attivo, persino ardente e lieto. Per questo aveva bisogno di solitudine e indipendenza. Nessuno ha mai avuto bisogno più profondo di essere indipendente. Da giovane quando era ancora povero e faceva fatica a guadagnarsi il pane preferiva soffrire la fame e andare in giro stracciato pur di salvare un brano della sua indipendenza. Non si è mai venduto per denaro, non si è mai dato alle donne o ai potenti, e mille volte ha buttato via e rifiutato quello che secondo tutti sarebbe stato il suo bene. Capitò a lui ciò che capita a tutti, quel che cercava con ostinazione egli lo raggiunse ma più di quanto sia bene per l'uomo. Ciò che dal principio fu il suo sogno di felicità divenne in seguito il suo amaro destino. L'uomo avido di potere incontra la sua rovina nel potere, l'uomo bramoso di denaro nel denaro, e così il lupo si rovinò con l'indipendenza a meta egli la raggiunse e divenne sempre più indipendente, ma raggiunta la libertà s'accorse a un tratto che la sua libertà era morte, che era solo, che il mondo lo lasciava in pace, che gli uomini non lo riguardavano più né lui riguardava se stesso...” “[Erminia] - Il tempo e il mondo, il denaro e il potere apparterranno ai deboli e ai superficiali, mentre gli altri, i veri uomini, non avranno niente. Niente all'infuori della morte. [Harry Haller] - Proprio nient'altro? [Erminia] - Ma sì, l'eternità. [Harry Haller] - Vuoi dire il nome? La fama presso i posteri? [Erminia] - No, caro lupetto, non la gloria. Che valore può avere? E credi forse che tutti gli uomini autentici e completi siano diventati famosi e passati alla posterità? [Harry Haller] - Oh no, certo. [Erminia] - Dunque non si tratta di gloria. La gloria esiste soltanto per la cultura, è una faccenda che riguarda i maestri. No, non conta la gloria: conta invece ciò che io chiamo eternità. I credenti lo chiamano regno di Dio. Io penso così: noi uomini, noi che abbiamo maggiori pretese, che abbiamo le aspirazioni e una dimensione di troppo non potremmo neanche vivere se, oltre all'aria di questo mondo, non ci fosse anche un'altra atmosfera respirabile, se oltre al tempo non esistesse anche l'eternità, il regno dell'autenticità. Di questo fanno parte la musica di Mozart e i poemi dei tuoi grandi poeti, e i santi che hanno fatto miracoli, sofferto il martirio e dato un grande esempio agli uomini. E di questa eternità fa altrettanto parte l'immagine di ogni vera azione, la forza di ogni sentimento genuino, anche se nessuno ne sa nulla, se nessuno ne scrive e ne conserva la notizia ai posteri. Nell'eternità non esistono posteri, esistono soltanto contemporanei.”

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