Libro molto arduo.
Ripetitivo, a tratti difficilmente comprensibile probabilmente per l'estrema lontananza della cultura orientale e occidentale. Lontananza geografica che sommata a quella temporale richiede troppa concentrazione per potersi immedesimare in quel mondo e capire appieno il libro.
La colpa non è certo di Sun Tzu che scrive un libro che è un pilastro importante della letteratura mondiale.
Un libro che insegna rispetto e che può insegnare molte altre cose ancora anche (soprattutto) nel nostro mondo.
A patto di saperlo comprendere in pieno.
Io, con una certa fatica ma probabilmente superficialità, non ci sono riuscito.
Il voto che do quindi viene dal rispetto che devo dare a un libro di tale portata, al rispetto per la cultura dell'estremo oriente, ma debbo per forza livellarlo con la sensazione personale che ho avuto durante la lettura che ahimè, a tratti mi ha annoiato.
Voto 6,5
«L’arte della guerra è il testo più sopravalutato e sottovalutato dei nostri tempi. Sopravalutato perché lo si carica di aspettative taumaturgiche, salvifiche, provvidenziali: a sentire certi apologeti, basterebbe averne in saccoccia una copia per rinascere grandi strateghi. Somigliare all’acqua ecc. Sottovalutato perché è un libro di cui poca gente si è dimostrata in grado di apprendere qualcosa».
Un libro che è un manuale di strategia, non solo attuato nelle battaglia, ma che può essere traslato per ogni situazione che richieda ingegno, astuzia, efficienza, attraverso un modo di agire che non è quello irruento e sgradevole delle lotte cruente, ma è un annullamento del pensiero altrui e del suo agire attraverso l’arte dell’attesa e dell’osservazione.
“Nel suo celebre L’arte della guerra, scritto all’incirca 2500 anni fa, il grande pensatore cinese Sun Tzu spiegò che la guerra non è una mera questione di emergenza, bensì di conoscenza e strategia lungimirante. Si può dire lo stesso delle crisi che si manifestano oggi. Con ogni probabilità esse muteranno il tessuto globale del nostro futuro. Per questo abbiamo urgente bisogno di un “arte delle crisi”.”