Finito di leggere La cavalcata dei morti di Fred Vargas che ti lascia come tutti i suoi libri con una suspance al limite del possibile.Così è stato anche per questa “Armée furieuse” (il titolo originale è molto più evocativo della traduzione italiana), che racchiude tutto il meglio dello stile Vargas. A cominciare naturalmente dal commissario Adamsberg che fa il suo ingresso trionfale risolvendo nelle prime pagine un caso di apparente morte naturale, grazie al suo metodo fondato sull’osservazione di particolari apparentemente insignificanti (“la farfalla che sbatte le ali”). Ci sono poi gli straordinari componenti della squadra anticrimine: “uno affetto da ipersonnia che crolla addormentato sul più bello, uno zoologo specialista in pesci, una bulimica che scompare per fare scorta di cibo, un vecchio airone esperto di leggende, un mostro di cultura che non si schioda dal vino bianco, e via di seguito”. Non manca il bosco, che è una delle ambientazioni preferite dalla Vargas; e neppure il Medioevo, con le sue leggende che propagano paure millenarie Ma soprattutto ci sono i dettagli e le digressioni in cui la Vargas è maestra. Ad esempio il piccolo piccione a cui un sadico ha legato le zampette condannandolo a una morte orribile. Adamsberg lo trova sul marciapiedi, lo salva, lo coccola come un figlioletto e infine trova anche il tempo di scoprire il suo aguzzino. Un povero piccione indifeso che altro non è se non una metafora di tutti gli oppressi perseguitati dai potenti.