La rilegatrice di storie perdute
  • 9788811673644
  • Garzanti
  • 2017

La rilegatrice di storie perdute

di Cristina Caboni

La copertina antica finemente lavorata avvolge le pagine ingiallite dal tempo. Sofia con gesti delicati ed esperti sfiora la pelle e la carta per restaurare il libro e portarlo al suo splendore di un tempo. La legatoria è la sua passione. Solo così riesce a non pensare alla sua vita che ha visto scivolarle di mano giorno dopo giorno. Ma quando arriva il momento di lavorare sulle controguardie, il respiro di Sofia si ferma. Nascondono un segreto: delle pagine scritte a mano. La storia di una donna, Clarice, che ha il sogno di fare la rilegatrice nell'Ottocento. Una donna che ha affidato a quelle pagine la sopravvivenza di ciò che ha di più caro. Per scoprire cosa sia, Sofia dovrà seguire gli indizi da un libro all'altro, da una città all'altra. E mentre lei ridà voce a Clarice, la storia di Clarice le ridona la speranza nel futuro e nell'amore.


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Commenti (2)

17/05/2018 - palmaleona
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La storia di Sofia nella Roma dei giorni nostri si intreccia con quella di Clarice, una donna vissuta nel passato; entrambe sono accomunate dall'amore per i libri sia nella loro forma fisica che ,ovviamente, per i loro contenuti. Sofia, grazie al generoso regalo (che poi scoprirà essere una mossa ben studiata per portarla a svolgere una ricerca) di un vecchio libraio, scopre una lettera di Clarice e da qui inizierà la sua ricerca prima di questa donna misteriosa ma a lei straordinariamente vicina, e poi del libro che lei aveva scritto a quattro mani con un famoso scrittore dell'Ottocento. Alla trama, intrisa di romanticismo, ovviamente non poteva mancare l'incontro con uomo che poi si rivelerà essere quello della sua vita. La conclusione è piuttosto scontata e deludente ma nel complesso è stato un libro piacevole da leggere.

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05/10/2018 - Matik2003
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"Io li interrogo ed essi mi rispondono, e per me parlano e cantano... Alcuni allontanano le preoccupazioni e riportano il sorriso... altri mi insegnano a conoscere me stesso"... "I libri possiedono un grande potere. Accendono ciò che hai dentro, sono come scintille. Agiscono su quello che già esiste, permettendogli di crescere e svilupparsi." In La rilegatrice di storie perdute, quarto romanzo di Cristina Caboni, a mettere insieme i pezzi di una storia dimenticata è Sofia Bauer, bibliotecaria di Roma alle prese con la separazione dal marito Alberto. Sofia si imbatte in una vecchissima edizione di uno scrittore romantico e decide di restaurarla. Ma le rilegatrici sono due: c’è anche Clarice, nobildonna vissuta i primi dell’Ottocento tra Vienna e Roma, che ha appreso l’arte della rilegatura in segreto. Tra le due donne c’è una corrispondenza incredibile: la comune passione per i libri, spesso usati per evadere dalla realtà, un matrimonio sbagliato, il bisogno di fuggire e ricominciare. A connetterle è, naturalmente, il libro che Sofia sta restaurando, che nasconde pagine segrete scritte da Clarice. La ricerca della verità porta Sofia a incontrare Tomaso Leoni, schivo e affascinante grafologo, l’unica persona con cui Sofia non senta la necessità di “un negoziare continuo, un trovare compromessi”, l’unico con cui tornerà a “essere se stessa completamente”. C’è indubbiamente molto fascino, dicevamo, nell’idea di trovare un libro antico, una storia, mettersi a investigare sulle tracce di un passato sbiadito. Purtroppo il fascino è proprio ciò che manca a questo romanzo. Molto della magia di un libro viene dal suo linguaggio, dalla capacità dell’autore di inserire dialoghi serrati dove servono, in altri casi solo descrizioni, gesti. E a volte nulla (l’effetto del taglio di una frase, che rende la narrazione meno didascalica, può essere enorme). A mio giudizio qui manca il ritmo. Ho provato a chiedermi se il problema non fosse un altro: ho sbagliato libro, ma agli estimatori del genere questo tipo di linguaggio piace da matti. Non credo sia questo il punto: il romanzo è costruito sull’alternanza di due storie che procedono in parallelo ma sono narrate con un registro completamente diverso. Tra i due ho preferito quello della storia di Clarice, perché meno ridondante, più asciutto, efficace (pur essendo la sua storia ambientata due secoli fa). Quanto a Sofia, le parole della sua storia sono artificiose, costruite; troppe moine, sguardi, troppi dettagli banali di cui il lettore può anche fare a meno. Trovo che una parte del romanzo (quella ambientata ai giorni nostri) penalizzi l’altra. Altra nota dolente: questa edizione del libro presenta diversi errori grammaticali, che francamente disturbano la lettura (per chi se ne accorge; per gli altri, è un’occasione mancata di imparare qualcosa da un libro). Interessante, invece, l’idea di far precedere ogni capitolo da una citazione (Goethe, Dickens, Hemingway, Shelley, Austen, solo per citarne alcuni). È questo, credo, uno degli aspetti del volume che meglio esprimono l’amore per la lettura, la volontà dell’autrice di scrivere per gli appassionati, per chi considera il libro un fine e non un mezzo. Questo e, certamente, il fatto stesso che i libri siano ciò che salva le due protagoniste, in un caso offrendo un rifugio, nell’altro una spinta a rimettere in movimento la vita. Per un romanzo che ha l’ambizione di esprimere la passione per la lettura, di parlare con i librai e i lettori, però, il linguaggio non è adeguato, il finale è un po’ debole (parlo sempre della storia di Sofia, quella di Clarice sarebbe bastata a se stessa, sotto ogni punto di vista), il risultato non convince.

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