La tregua
  • 9788806173852
  • Einaudi
  • 2005

La tregua

di Primo Levi

La tregua


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Commenti (2)

22/08/2013 - Gino
utente
«Questa pagina, che chiude il libro su una nota inaspettatamente grave, chiarisce il senso della poesia posta in epigrafe, e ad un tempo giustifica il titolo. Nel sogno, il Lager si dilata ad un significato universale, è divenuto il simbolo della condizione umana stessa e si identifica con la morte, a cui nessuno si sottrae. Esistono remissioni, “tregue”, come nella vita DEL CAMPO l’inquieto riposo notturno; e la stessa vita umana è una tregua, una proroga; ma sono intervalli brevi, e presto interrotti dal “comando dell’alba”, temuto ma non inatteso, dalla voce straniera (“Wstawac” significa “Alzarsi”, in polacco) che pure tutti intendono e obbediscono. Questa voce comanda, anzi invita alla morte, ed è sommessa perché la morte è iscritta nella vita, è implicita nel destino umano, inevitabile, irresistibile; allo stesso modo nessuno avrebbe potuto pensare di opporsi al comando del risveglio, nelle gelide albe di Auschwiz.». La tregua è un romanzo di Primo Levi scritto tra il 1961 e il 1962, che raccoglie la testimonianza dell'esperienza dell'autore ebreo nel viaggio di ritorno in Italia dopo la permanenza nel campo di concentramento di Auschwitz. Questo diario può essere ben inteso come il continuo di “Se questo è un uomo”, ovvero della riconquista della sua vita dopo esser stato più di un anno nei Lager nazisti. Siamo nel 1945 quando le truppe russe arrivano nel campo dove era anche Levi, ormai quasi disabitato, poche anime erano rimaste perlopiù solo malati. Molti moriranno subito, per colpa della loro salute precaria. Levi alza la voce, e ci parla della sua ripresa, dei suoi trasferimenti prima a Cracovia e poi in un campo di raccolta per soldati. A guerra finita, quando ormai i tedeschi vengono sconfitti tutti si sentono sollevati, ma portano un magone nel cuore, un pesante fardello cui dovranno fare i conti per il resto della loro vita. Tutte le brutalità non scompaiono dall’oggi al domani. La famiglia è lontana, anche se sembra ormai di essere liberi. Levi ci parla del suo ritorno alla vita, del suo viaggio verso un ricongiungimento interiore che sembra dire e far pensare: “che la vita altro non sia che una tregua prima della morte”. La tregua - 11 gennaio 1946 - Sognavamo nelle notti feroci Sogni densi e violenti Sognati con anima e corpo: Tornare; mangiare; raccontare. Finché suonava breve sommesso Il comando dell'alba: «Wstawac'»; E si spezzava in petto il cuore. Ora abbiamo ritrovato la casa, Il nostro ventre è sazio, Abbiamo finito di raccontare. È tempo. Presto udremo ancora Il comando straniero: « Wstawac'».

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22/08/2013 - Gino
utente
«Questa pagina, che chiude il libro su una nota inaspettatamente grave, chiarisce il senso della poesia posta in epigrafe, e ad un tempo giustifica il titolo. Nel sogno, il Lager si dilata ad un significato universale, è divenuto il simbolo della condizione umana stessa e si identifica con la morte, a cui nessuno si sottrae. Esistono remissioni, “tregue”, come nella vita DEL CAMPO l’inquieto riposo notturno; e la stessa vita umana è una tregua, una proroga; ma sono intervalli brevi, e presto interrotti dal “comando dell’alba”, temuto ma non inatteso, dalla voce straniera (“Wstawac” significa “Alzarsi”, in polacco) che pure tutti intendono e obbediscono. Questa voce comanda, anzi invita alla morte, ed è sommessa perché la morte è iscritta nella vita, è implicita nel destino umano, inevitabile, irresistibile; allo stesso modo nessuno avrebbe potuto pensare di opporsi al comando del risveglio, nelle gelide albe di Auschwiz.». La tregua è un romanzo di Primo Levi scritto tra il 1961 e il 1962, che raccoglie la testimonianza dell'esperienza dell'autore ebreo nel viaggio di ritorno in Italia dopo la permanenza nel campo di concentramento di Auschwitz. Questo diario può essere ben inteso come il continuo di “Se questo è un uomo”, ovvero della riconquista della sua vita dopo esser stato più di un anno nei Lager nazisti. Siamo nel 1945 quando le truppe russe arrivano nel campo dove era anche Levi, ormai quasi disabitato, poche anime erano rimaste perlopiù solo malati. Molti moriranno subito, per colpa della loro salute precaria. Levi alza la voce, e ci parla della sua ripresa, dei suoi trasferimenti prima a Cracovia e poi in un campo di raccolta per soldati. A guerra finita, quando ormai i tedeschi vengono sconfitti tutti si sentono sollevati, ma portano un magone nel cuore, un pesante fardello cui dovranno fare i conti per il resto della loro vita. Tutte le brutalità non scompaiono dall’oggi al domani. La famiglia è lontana, anche se sembra ormai di essere liberi. Levi ci parla del suo ritorno alla vita, del suo viaggio verso un ricongiungimento interiore che sembra dire e far pensare: “che la vita altro non sia che una tregua prima della morte”. La tregua - 11 gennaio 1946 - Sognavamo nelle notti feroci Sogni densi e violenti Sognati con anima e corpo: Tornare; mangiare; raccontare. Finché suonava breve sommesso Il comando dell'alba: «Wstawac'»; E si spezzava in petto il cuore. Ora abbiamo ritrovato la casa, Il nostro ventre è sazio, Abbiamo finito di raccontare. È tempo. Presto udremo ancora Il comando straniero: « Wstawac'».

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