Questa è la vita di una bambina ebrea, delle continue pressioni, dei cambiamenti che è costretta a subire insieme alla sua famiglia, una padre e una madre ebrea, forse sventura? Ah, quanta cieca crudeltà… La bambina diventa consapevole degli accadimenti attraverso i racconti degli adulti; vedersi cambiare, cambiare per poi rifuggiarsi in un convento di suore, per aspettare chi: un cambiamento? una sovversione? un liberatore? tutto ciò non è giusto, è inaccettabile ed motivo di indignazione verso un’occupazione, una pressione, un annullamento. La guerra, le leggi razziali, la fanciullezza, le continue fughe, bombardamenti ed infine l’agognata liberazione che tende a quel principio di universalità che nel libro emerge molto: l’indifferenziazione umana al di là dell’appartenenza. “...La guardo irosa e offesa. Anche mamma mi guarda, ma con una specie di ilare indulgenza: “non sei una bambina ebrea, hai capito? Hai capito? Sei una bambina. Una bambina e basta”.