Due)
Letteratura italiana

Due

Due, recensito da emera

Il giovane predilige la realtà; l'uomo maturo la subisce "Sono forse felice io? Eppure ho quello che desideravo. Ho avuto Antoine. Ma non lo amo più...O meglio, no, questo è un giudizio troppo categorico...tagliato con l'accetta...Gli voglio bene, è un buon compagno, la sua morte mi getterebbe nella disperazione, ma non ha più alcun potere su di me...Non ha più il potere di farmi soffrire, nè di darmi la felicità. Non mi sentivo infelice quando lui non c'era. Il suo ritorno mi ha dato un momento di gioia, ma solo un momento...La sua presenza mi rasserena...ma non ho più curiosità nei suoi confronti, né desiderio...quante lacrime, quante notti insonni per cercare di capirlo, di conoscerlo! E posso dire, adesso, di conoscerlo?Ahimè no, meno di prima! Lo sento ancora impenetrabile, a volte ostile...Ma non faccio niente per scoprire quello che vuole nascondermi. Antoine non mi interessa più. E questa mancanza di curiosità, questa passività hanno spento in me ogni fonte di sofferenza e di felicità. ... E adesso quante catene ci legano nostro malgrado, e ci legheranno per sempre! Come ci si affretta ad amare quando si è giovani! Quanta paura abbiamo di aspettare! Quanta fretta di fare una scelta definitiva, di indirizzare la nostra vita in quella o in questa direzione! Rinfacciamo all'esistenza quella parte di fatalità sulla quale non abbiamo alcuna possibilità di intervento. Essa, al contrario, è fin troppo docile, malleabile; assume troppo facilmente, non dico la forma, ma almeno l'aspetto caricaturale dei nostri desideri..." E dunque il matrimonio è necessariamente questo? Un punto di arrivo, quella pace dell'anima alla quale si giunge dopo "l'ebrezza triste e folle dell'amore" giovanile? Davvero si sopravvive solo passsando per la menzogna, l'adulterio, l'apparenza, la maschera? E accettare come inevitabile questa situazione, anzi auspicandola e compiacendosene? Pensa Antoine, alla fine del romanzo:"La donna che ho amato di più non è questa, ma, in punto di morte, rimpiangerò ciò che mi unisce a lei più di quanto non abbia rimpianto la passione. La passione sembra un dono di Dio, troppo bello per essere vero. Si sente che Lui ce la concede solo per un certo tempo; una cosa così, invece, è tutta conquistata a fatica, accumulata , distillata come un miele. E un giorno ci toccherà abbandonare anche questo. Che peccato..." E' il primo romanzo della Némirovsky che leggo e devo dire che mi ha lasciata spiazzata, segnata e con la voglia di leggere ancora questa autrice così giovane - è morta alla mia età - ma già così capace di comprendere a fondo i sentimenti e le passioni umane.

Ricordati che questa è l'opinione di un lettore e non rappresenta una recensione ufficiale del libro.

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