Allora dopo un bel po’ di tempo volevo leggere questo libro e solo grazie alla mia dolce amica Camillina riesco a leggere “Chiamami col tuo nome” di André Aciman, in inglese “Call Me by Your Name” che mi ha fatto subito pensare ad una canzone di Carly Rae Jepsen dal titolo “Call Me Maybe” in cui il protagonista del video, un bono classico delle migliori sbavature, è corteggiato da una ragazza che alla fine si accorge che lui è omosessuale (Scusate il piccolo divagare iniziale). Ok, torniamo al libro, ci troviamo a metà degli anni ottanta, sulla riviera ligure, in compagnia di Elio, ragazzo diciassettenne già molto maturo per la sua età, che ama il mondo della musica e dei libri, figlio di un professore universitario che ogni anno invita nella sua casa al mare uno studente impegnato nella tesi post dottorato. Il ragazzo che conquisterà il cuore di Elio, è Oliver ragazzo americano, che subito entra nella simpatie di tutta la famiglia. Dopo varie ritrosie iniziali, continui pensieri e tante fantasie, i due o meglio, anche Oliver deciderà di concedersi a Elio, di svelare e mettersi a nudo davanti al suo essere, tra passeggiate sui monti, incontri in libreria, appuntamenti notturni, pian piano il rapporto si consoliderà ma i problemi si sa sono sempre dietro l’angolo, e sono pronti a colpire e a far male. Altri personaggi fanno da sfondo alla vicenda, come la mamma che benevolmente aiuta Elio in modo fintamente involontario, il giardiniere Anchise con i suoi frutti che si riveleranno sedimento e amore assoluto, estremismo e unzione, interiora e egoismo, Viola la giovane ragazza sognatrice. Sì passerà dalla riviera al soggiorno a Roma che sarà la riconferma di quanto negli amori non c’è scelta, non c’è un giusto e uno sbagliato, non c’è un ‘non lo accetto’ io sono meglio di te, l’amore è passione, ardore, sfida, coronamento di un “noi” asessuato. Non voglio dilungarmi troppo, una scrittura che calibra ogni singola parola, le parole sono importanti, sono il margine e il fine, sono il cibo della mente, sono l’espressione verbale, sono in noi e come un mercante di coltelli dobbiamo saperle usare nel giusto modo né ferendo né bloccando il processo di elaborazione. Sono rimasto affascinato dai continui richiami al passato che l’autore usa, a Dante, a Ovidio ecc…Un finale che non so se ho apprezzato pienamente, in fondo ogni persona in cuor suo non scorda ciò che la vita gli ha regalato in passato, ed Elio e Oliver seppur placidamente hanno dato vita a distanza di anni a quelle emozioni,non venendo meno a quella di cui noi tutti siamo affetti senza saperlo: “La sindrome di San Clemente”.
“Non siamo stati composti per un solo strumento; né tu, né io.”
“Da qualche parte esiste una legge secondo cui se una persona si innamora di un’altra, questa deve ricambiare per forza. Amor, ch’a nullo amato amar perdona, le parole di Francesca nell’Inferno. Aspetta e sii fiducioso. Io ero fiducioso, anche se forse era questo ciò che avevo sempre voluto: aspettare in eterno. Al mattino, seduto al mio tavolo a lavorare alle mie trascrizioni, ciò di cui mi sarei accontentato non era la sua amicizia, né altro. Mi bastare alzare lo sguardo e trovarlo lì, crema solare, cappello di paglia, costume da bagno rosso, limonata. Sì Oliver, alzare lo sguardo e trovarti lì. Perché troppo presto verrà il giorno in cui alzerò lo sguardo e non ci sarai più.”
“Non gli risposi. Senza annuire, avevo già portato la bocca alla sua, proprio come avevo baciato Marzia la notte prima. Fu come se, in maniera del tutto inattesa, tra noi si cancellasse qualcosa e, per un secondo, non ci fosse nessuna differenza di età, eravamo solo due uomini che si baciavano, e poi perfino questa immagine sembrò dissolversi e cominciai a sentire che non eravamo più nemmeno due uomini, ma due esseri viventi. Mi piaceva quella sensazione di parità. Mi piaceva sentirmi più giovane e più vecchio, da essere umano a essere umano, da uomo a uomo, da ebreo a ebreo.”
“Non ero mai riuscito ad ammettere con me stesso quando mi aveva reso felice Oliver il giorno in cui si era mangiato la pesca. Certo, mi aveva commosso, ma anche lusingato, come se con quel gesto avesse voluto dire: Ogni cellula del mio corpo crede che ogni cellula del tuo non debba morire, mai, ma se proprio deve, che muoia allora dentro il mio corpo.”
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