Avevano spento anche la luna, recensito da Matik2003 su Bookville.it

Ci sono pagine della storia che non tutti conosciamo, ci sono eccidi ricoperti dall’oblio che gridano il loro dolore. Oggi vorrei, nel mio piccolo, dare voce ai milioni di uomini uccisi nei Gulag sovietici. Per ricordare le vittime del comunismo staliniano e la loro tragedia umanitaria che si è perpetuata in contemporanea con l’eccidio del popolo ebreo. Mentre Hitler infieriva sugli ebrei, in Russia, Stalin, riversava tutto il suo odio sulle popolazioni baltiche: Lettoni, Estoni, Ucraini. Gli ebrei furono deportati nei campi di concentramento, in Russia, invece, i prigionieri, considerati “nullità”, venivano condotti nei campi della Siberia ai lavori forzati. Milioni di persone furono deportate per anni nei Gulag senza che nessuno riuscisse a porre un freno a tanta ferocia. Hitler e Stalin erano due demoni per un unico inferno: la Terra. “Avevano spento anche la luna” di Ruta Sepetys, edito Garzanti, parla delle deportazioni nei campi di lavoro sovietici. E’ un romanzo ispirato a una storia vera, agghiacciante e drammatica. Un’altra tragedia del Novecento sepolta sotto l’indifferenza. "Mi portarono via in camicia da notte. Ripensandoci, i segnali c’erano tutti: foto di famiglia bruciate nel camino, la mamma che nel cuore della notte cuciva l’argenteria e i gioielli più belli nella fodera del suo cappotto e il papà che non tornava dal lavoro. Il mio fratellino, Jonas, continuava a fare domande. Anch’io ne facevo, ma forse mi rifiutavo di riconoscere i segnali. Solo più tardi mi resi conto che la mamma e il papà intendevano scappare con noi. Ma non scappammo. Fummo portati via." Un rumore di passi nella notte, un bussare, anzi "un rimbombo cupo e insistente", alla porta. L’NKVD, la polizia segreta sovietica, entra in casa ed è l’inizio di un incubo. 14 giugno 1941. L’NKVD irrompe in casa della quindicenne lituana Lina. Lei, il fratello Jonas e la madre Elena hanno appena il tempo di porre in una valigia qualche avere prima di essere caricate su un treno, con centinaia di altri prigionieri, che li condurrà in un villaggio siberiano dove saranno costretti a lavorare in condizioni disumane. Non si può far nulla, opporsi significa morire. Si può solo cercare di sopravvivere senza rinunciare alla propria dignità. "Per i sovietici non esistono più la Lituania, la Lettonia o l’Estonia. Stalin deve liberarsi completamente di noi per sgomberare dai rifiuti la sua visione. Rifiuti. Era questo che eravamo per Stalin?" Donne, bambini, vecchi, infermi, tutti a combattere a mani nude contro la ferocia umana. "Li odiavo, quelli dell’NKVD e i sovietici. Piantai un seme di odio nel mio cuore. Giurai che sarebbe cresciuto fino a diventare un albero imponente, le cui radici li avrebbero strangolati tutti." Questi sono i pensieri di Lina, “colpevole di esistere”. Lina appassionata di pittura, ammiratrice delle opere di Munch, è impreparata al proprio destino ma ha, in sé, un gran coraggio. Sfrutterà la sua bravura nel disegno per ritrarre ciò che accadeva nel campo di lavoro. Un modo per continuare a sperare. "Mi hanno tolto tutto. Mi hanno lasciato soltanto il buio e il freddo. Ma io voglio vivere. A ogni costo." Vivere è una sfida continua nei campi di lavoro: malnutriti, esposti a un clima polare senza adeguati vestiti, umiliati nel corpo e nell’animo. Erano partiti in tanti ma in pochi sopravvissero. La pietà, il rispetto, l’amore per il prossimo, erano “merce” rara, anzi rarissima nel gulag dove la vita umana valeva zero. Intanto il mondo incancrenito dal male soffriva in silenzio. Di fronte alla malvagità dell’uomo la Terra, inorridita da tanta crudeltà, si ripiegava su se stessa. La luce del Bene cedeva il passo al buio del Male. Anche la Luna chiudeva gli occhi e piangeva. Come scriveva Pascoli nella poesia “ X Agosto ” : E tu, cielo, dall’alto dei mondi sereno, infinito,immortale, oh! D’un pianto di stelle l’inondi quest’atomo opaco del male! La crudeltà dell’uomo rende oscuro il nostro pianeta che non riesce a liberarsi dalla presenza del male. Ma la speranza, il dolore immenso, il coraggio possono far breccia nei cuori dannati. Forse non tutto è perduto per l’umanità. Forse la compassione umana impedirà il ripetersi di questo genere di malvagità. Forse. “Avevano spento anche la luna” è un romanzo struggente che tutti dovrebbero leggere. E’ una testimonianza, anche se indiretta, degli orrori dei Gulag usati come strumento di repressione. Lina rappresenta la sofferenza e il coraggio di più di venti milioni di persone uccise “nel periodo del terrore”. Oggi c’è ancora chi nega questa realtà. Emozioni profonde mi hanno fatto compagnia durante la lettura di questo romanzo crudele nella sua realtà. Ho sofferto e pianto con Lina, ho sperato che qualche “angelo” proteggesse i prigionieri, ho provato un odio intenso verso le guardie disumane. Quando un barlume di umanità è apparso nella notte del Male ho gioito pensando che l’uomo forse ha ancora una possibilità di salvezza. Se ricomincerà a sentire il battito del suo cuore e a porgere la mano verso il suo prossimo potrà sperare in un futuro migliore dove non ci saranno più morti a causa di oppressioni, razzismo e ingiustizia. Per non dimenticare diamo voce ai più deboli, difendiamo la libertà e la pace. Costruiamo un futuro migliore per tutti e anche la Luna, da lassù, sorriderà illuminandosi con un bel sorriso. Per lasciarvi con un invito alla speranza, vi riporto una citazione di Albert Camus: “Alla fine ho imparato che, anche nel profondo dell’inverno, dentro di me regnava un’invincibile estate."

Ricordati che questa è l'opinione di un lettore e non rappresenta una recensione ufficiale del libro.

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2011
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Avevano spento anche la luna

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01/01/2011
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