Può capitare nella vita che ci sembri di assistere a persone intorno a noi che fanno fortuna ed esaudiscono tutti i loro desideri con un semplice “schiocco di dita”, a fronte delle innumerevoli montagne che ci ritroviamo ogni volta da scalare; o che si arricchiscono ingiustamente, magari commettendo anche dei crimini e restando tranquillamente impunite, mentre noi siamo costretti a pagare ogni singolo centesimo delle conseguenze delle nostre scelte, che cerchiamo di compiere secondo dei valori. Ecco in questi casi esemplificativi, potremmo ascoltare una voce amica che ci sussurra all’orecchio “Non ti preoccupare, tanto la ruota gira...” Lo scrittore statunitense Robert Jordan, scomparso purtroppo prematuramente nel settembre del 2007, ha preso questo detto popolare, lo ha esteso e ne ha costruito un’epopea di ben undici romanzi, più altri tre usciti postumi ad opera di Brandon Sanderson, sulla base di manoscritti e registrazioni dell’autore originale. “La ruota gira e ordisce come vuole”: è un mantra che si ripete nel corso di tutto il primo romanzo, per ribadire come nulla accada a caso, ma ogni azione di ogni singolo personaggio acquista un significato all’interno del grande Disegno, intessuto dalla Ruota stessa.
Ho scoperto questo ciclo di romanzi fantasy dopo aver visto la prima stagione della serie TV su Amazon Prime Video, a partire dal 2021, che ad essi si ispira: ma questo è uno dei casi (diversamente da altri prodotti, come "Gli anelli del potere") in cui devo affermare, a mio modesto pare, che il romanzo è decisamente migliore. È questo è quasi inevitabile perché costruire una sceneggiatura sulla base di un’epopea di tale portata, ricca di eventi e di personaggi che aumentano di numero con il procedere della saga non è assolutamente un’operazione facile, soprattutto se non c’è la consulenza dell’autore originario e, in aggiunta, di questi tempi dove spesso le piattaforme streaming investono budget mostruosi nei loro prodotti puntando più sugli effetti visivi, sulle messe in scena grandiose (quando va bene), su elementi di grande impatto emotivo come la violenza proposta a tutto spiano e contenuti sessualmente espliciti. Tutto questo dimenticando la scrittura, la trama e lo spirito originario di un’opera letteraria.
Chiusa la prima nota polemica (perché poi ce ne sarà un’altra 😅) il primo romanzo de La ruota del tempo è davvero eloquente ed esplicativo del tema di fondo: l’eterna lotta tra la Luce e le Tenebre, a partire dalla Frattura del mondo e destinata a ripetersi all’interno delle sette ere, ossia i sette raggi della Ruota, mossa dall’Unico Potere. Tutto questo fino alla battaglia finale. A capo della lotta c’è il Drago Rinato, che incanala la parte maschile del Potere e può guidare tutti i seguaci della Luce contro il Tenebroso e i suoi alleati. Siamo all’interno di un dark fantasy, per cui l’oscurità del male è resa a tinte forti, con le incursioni di Fade, Trolloc, Dragkar, Reietti e il corredo di incubi a tormentare il sonno dei protagonisti; senza, però, mai cedere allo splatter o gore, insomma alla violenza eccessiva fuori contesto.
Nel primo romanzo, quindi, il lettore inizia questo viaggio a partire da un piccolo villaggio nei pressi dei Fiumi Gemelli, insieme a cinque amici, Rand, Mat, Perrin, Egwene, Nynaeve, personaggi i cui archi narrativi si dilatano per tutta la saga, alla scoperta della propria identità, del proprio potere e del proprio posto all’interno del Disegno. E fino agli ultimi capitoli è il lettore stesso chiamato a scoprire chi è il nuovo Drago Rinato.
Ma niente paura, perché c’è un personaggio femminile magnifico, un Mentore alla pari del Gandalf tolkeniano oserei dire, una donna che sa incanalare davvero il Potere: Moraine. Anche qui, il ruolo delle donne è davvero valorizzato dall’autore, perché troviamo un gruppo i cui parallelismi si sprecano con le Bene Gesserit di Herbert, ossia le Aes Sedai.
Ecco che arriva la seconda nota polemica, un tema che – mi rendo conto – torna sovente nelle mie recensioni: credo sia importante valorizzare romanzi come questi dove, senza sterili ideologie o forzature, sono caratterizzati personaggi femminili di tale statura. Ed è interessante che dietro tale profondità filosofica, psicologica e spirituale ci sia un autore maschio e per di più laureato in fisica. Insomma, riaccende la speranza che il mutuo riconoscimento di una pari dignità tra uomo e donna sia possibile. In un’epoca come la nostra, in cui l’emancipazione delle donne, la loro lotta incessante per costruirsi una carriera, per avere il posto che meritano in questo difficile mondo procede in un inquietante parallelismo con l’aumento della violenza e degli omicidi nei loro confronti, perché c’è ancora qualcuno che fa fatica a capire che le donne valgono in quanto tali e non perché qualche uomo le considera, o mercifica il loro corpo o le oggettivizza solo con lo sguardo o magari scambia la gentilezza per un “tanto questa ci sta”.
Ecco Jordan ha molto da insegnare: il trono di Andor é guidato da un'abile e carismatica Regina, il cui potere si trasmette di madre in figlia. Le Aes Sedai, invece, sono composte da varie fazioni, le Ajah, tutte accomunate da un unico obiettivo, ma perseguito con mezzi diversi e talvolta ambigui, fino ad arrivare all’Ajah Nera, assoldata dal Tenebroso. Questo è un modo per tratteggiare tutte le sfumature dell’animo umano. E le donne sono le uniche che possono gestire il potere senza impazzire e aiutare gli uomini a fare altrettanto. Per questo è proprio un' Aes Sedai come Moraine ad essere la migliore guida per il Drago, fino a comprenderne i limiti e i rischi.
Jordan sa bene indagare quanto l’essere umano abbia un incredibile potenziale ma come sia suscettibile alla vanagloria e alle facili lusinghe del male che dilaga in ogni epoca storica: per questo non può farlo da solo, ha bisogno di mentori e di amici fedeli e di custodi.
Ci sarebbe ancora tanto da scrivere. Ma chiudo, citando i miei due personaggi preferiti: Lan, Custode di Moraine e suo principale alleato e Nynaeve. Proprio loro sono al centro di uno dei dialoghi più profondi e intensi della letteratura fantasy, di cui riporto solo un breve stralcio che forse fornisce anche una risposta alla questione che ho posto qualche capoverso più su:
“Le Aes Sedai si sposano altrettanto di rado. Pochi uomini possono vivere con una moglie in possesso di tanto potere. Si sentono sminuiti dal suo splendore, anche non volendolo”
“Alcuni hanno la forza sufficiente. Io ne conosco uno.” (p. 671)
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