Inchiesta su Gesù)
Scienze umane

Inchiesta su Gesù, recensito da Gino

Inchiesta su Gesù è un libro di Corrado Augias e del biblista Mauro Pesce pubblicato da Arnoldo Mondadori Editore nel 2006. È un saggio sviluppato in forma dialogica che tratta prettamente Gesù da un punto di vista storico e umano. E’ il primo libro che leggo di Augias e mi ha particolarmente colpito, davvero ben strutturato, che non risulta banale, anzi affronta il tema che è molto complesso, e su cui ci sono infinite dispute, con chiarezza, arguzia, e storicità che è frutto di un lungo antecedente lavoro; mi ha fatto piacere leggere anche Pesce che nelle risposte non è mai orientativo, o approssimante, anzi, cerca ogni volta di giustificare ciò che dice, facendo raffronti anche con numerosi altri testi. Leggerò sicuramente dell’altro! Pregio del libro è anche fare chiarezza, e creare consapevolezza nel lettore, aprendo e disoscurando questioni sempre aperte: Per esempio questo è uno stralcio per tutti quelli che ossessivamente e forsennatamente si reputano cristiani, dicendo che l’errore non è tra le loro possibilità: “ […] Le prescrizioni alimentari così come le troviamo nel libro della Bibbia chiamato Levitico dove leggiamo: «Il Signore disse a Mosè e ad Aronne: “Riferite agli israeliti: questi sono gli animali che potrete mangiare fra tutte le bestie che son sopra la terra. Potrete mangiare d’ogni quadrupede che ha l’unghia bipartita, divisa da una fessura, e che rumina. Ma fra i ruminanti e gli animali che hanno l’unghia divisa, non mangerete i seguenti: il cammello, perché rumina, ma non ha l’unghia divisa, lo considererete immondo; l’irace perché rumina, ma non ha l’unghia divisa, lo considererete immondo; la lepre, perché rumina, ma non ha l’unghia divisa, la considererete immonda; il porco perché ha l’unghia bipartita da una fessura, ma non rumina, lo considererete immondo» e così via con una lunga e dettagliata lista di prescrizioni e di divieti. Quasi nessun cristiano rispetta ormai le prescrizioni della Bibbia, che pure, in quanto Antico Testamento, dovrebbero avere la stessa forza cogente dei vangeli”. Qui viene presentata con eterogeneità la figura di Cristo: chi era Cristo in realtà? “Quale immagine di Cristo è quella autentica? E’ il giovane imberbe, bonario pastore dell’arte catacombale paleocristiana, oppure il barbuto trionfante imperatore cosmocratico della tarda iconografia relativa al culto imperiale aulico, rigido, inaccessibile, minacciosamente maestoso sullo sfondo dorato dell’eternità? E’ il Beau Dieu di Chartres o il misericordioso salvatore tedesco? E’ il Cristo re, giudice del mondo, troneggiante in croce sui portali e nelle absidi romaniche? Un uomo dolente raffigurato con il crudo realismo del Cristo sofferente di Dürer e nell’unica raffigurazione superstite di Grünewald? E’ il protagonista della disputa di Raffello dalla impassibile bellezza o l’umano moribondo di Michelangelo? E’ il sublime sofferente di Velázquez o la figura torturata dagli spasimi del Greco? Sono i ritratti salottieri impregnati di spirito illuministico di Rosalba Carriera, in cui si muove un elegante filosofo polare, oppure le edulcorate rappresentazioni del cuore di Gesù nel tardo barocco cattolico? E’ il Gesù del XVIII secolo, il giardiniere o il farmacista che somministra la polvere della virtù, o il classicistico redentore del danese Thorvaldsen, che scandalizzò il suo compatriota Kierkegaard eliminando lo scandalo della croce? E’ il Gesù mite ed esausto dei nazareni tedeschi e francesi o dei preraffaelliti inglesi o è il Cristo calato in ben altre atmosfere dagli artisti del XX secolo Nolde, Picasso, Matisse, Chagall?”. Qui viene snodato l’eterna questione del Santo Graal a posteriori cristianizzato: “[…] La prima volta che il Graal compare è tra il 1180 e il 1181, nel romanzo di Chrétien de Troyes, La storia del Graal, scritto in Francia appunto in quegli anni. La parola «Graal» significava nella lingua del tempo semplicemente una scodella larga e fonda piuttosto grande, usata soprattutto nei pranzi sontuosi. Ha perciò ragione chi sostiene che il titolo del romanzo dovrebbe essere tradotto alla lettera «Il racconto del piatto» o «Il racconto della fondina». Nella mitologia celtica precedente, l’oggetto simboleggiava però abbondanza: il Graal era il calderone dell’abbondanza. Chrétien de Troyes vuole intenzionalmente cristianizzare questo simbolo. Il piatto fondo (graal) del suo romanzo contiene un’ostia di cui si nutre da quindici anni il padre del Re Pescatore. In una scena famosissima l’eroe del romanzo, Percival, vede il Graal durante un banchetto; il piatto è accompagnato da altri simboli della mitologia celtica, per esempio la spada sulla cui punta c’è una goccia di sangue. La cristianizzazione sta nel fatto che ora il piatto contiene un’ostia. Ma, in sé, il piatto non ha nulla di sacro e non ha a che fare con Gesù. E’ solo in un romanzo scritto poco tempo dopo da Robert de Boron, Giuseppe di Arimetea (o Romanzo della storia del Graal), che il Graal diventa la coppa preziosa di Simone, discepolo di Gesù, aveva in casa e che Gesù usò per l’eucarestia nell’ultima cena”.

Ricordati che questa è l'opinione di un lettore e non rappresenta una recensione ufficiale del libro.

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2008
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01/01/2006
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01/08/2007
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