" Caro amico...non mi dimentichi. Ho scritto molto.Saranno opere postume, temo, ma scrivere fa passare il tempo" Ogni altro scritto della Nèmirovsky impallidisce di fronte a questo che sarebbe dovuto diventare un capolavoro di più 1000 pagine, diviso in cinque parti - su modello della Quinta Sinfonia di Beethoven - e di cui a noi, ahimè, rimangono solo le prime due: Temporale di giugno e Dolce. La prima è un affresco corale: piccoli quadri di vita quotidiana colti nel momento della fuga da Parigi prima dell'occupazione dei tedeschi. E qui la mano della Némirovsky dipinge con sapienza una moltitudine di personaggi, di ogni estrazione sociale, ognuno con le proprie preoccupazioni, priorità, pregi e difetti. Come in un film, apre la scena la famiglia Péricand, borghesi molto benestanti, guidati da Charlotte, donna rigida e di "irreprensibile moralità" che durante l'esodo da Parigi si compiace della propria avvedutezza: "Guardò ancora una volta tutto quello che era riuscita a portare con sè, tutto quello che aveva salvato: i suoi figli, la sua valigetta. Toccò i gioielli e il denaro nascosti sul petto. Si, in quei terribili momenti aveva agito con fermezza, coraggio e sangue freddo. Non aveva perso la testa...." Aveva però dimenticato il suocero infermo sulla soglia di casa! Morirà più tardi in un ospizio tenuto dalle suore del Santissimo Sacramento dettando al notaio le sue ultime volontà. E' poi la volta dello scrittore Gabriel Corte - nel quale non si possono non cogliere particolari autobiografici - intento a discutere con la propria amante del suo ultimo lavoro in fieri, sulla sua terrazza circondata di bellissime cinerarie blu (il blu era anche il colore preferito di Iréne) e seduto al tavolo su cui aveva fatto incidere la frase:"Ci vorrebbe la tua forza, o Sisifo, per sostenere il tuo peso" E' poi la volta dei coniugi Michaud, impiegati di banca con un unico figlio al fronte - che poi ritroveranno -forse gli unici che per tutto il romanzo mantengono la propria umanità ed il senso di soliderietà nei confronti dei più deboli. Il prete Philippe Péricand, che scorta verso un rifugio un gruppo di orfani, che poi finiranno per massacrarlo di botte ed ucciderlo. Charles Langelet, ricco collezionista, grottescamente dipinto: "in ginocchio sul pavimento del suo salotto spoglio" ad imballare personalmente le sue porcellane. "Era grasso e malato di cuore; il respiro che gli usciva dal petto oppresso somigliava ad un rantolo....Il signor Langelet avrebbe dovuto partire da un pezzo. Adesso lo ammetteva anche lui, ma era terribilmente attaccato alle sue vecchie abitudini. Puntiglioso, difficile, amava solo il suo appartamento e gli oggetti sparpagliati ai suoi piedi sul pavimento" Morirà investito da un'auto sul lungo Senna. Dolce, ambientato in un paesino della Francia appena occupata dai tedeschi, è incentrato principalmente sulla figura di Lucile Angellier. A causa dell'obbligo di ospitare un ufficiale tedesco imposto dagli occupanti, Lucile conosce Bruno, lo ama - se pur platonicamente - ed è ricambiata in questo sentimento dolce, appunto, che non ha alcuna connotazione carnale. Lucile aiuterà il compaesano Benoit, condannato a morte dai tedeschi, a nascondersi e a fuggire e vedrà gli occupanti, compreso il "suo" Bruno, ritirarsi per andare in Russia. Questa seconda parte lascia maggiore spazio all'aspetto umano, alla reazione di ognuno dei singoli personaggi di fronte alla guerra. I poveri e gli affamati rubano nei possedimenti dei borghesi o degli aristocratici - come a casa Montmort. I più fortunati e i più ricchi non esitano, invece, a nascondere il cibo, che reputano sprecato per il popolo che in un certo senso si merita quello che ha. E in questo clima inizia a prendere forma il collaborazionismo - di cui Corte sarebbe stato un protagonista - e che avrebbe dovuto interessare parte delle pagine successive del romanzo. Un quadro spietato ma lucido della Francia sotto l'occupazione tedesca. In alcuni passi, si scorge una Némirovsky legata sì al proprio paese adottivo, ma al tempo stesso infuriata per come reagisce di fronte all'emergenza. Anche nei Diari scrive: "Mio Dio, cosa combina questo Paese? Dal momento che mi respinge, osserviamolo freddamente, guardiamolo mentre perde l'onore e la vita....I francesi erano stanchi della Repubblica come di una vecchia moglie. Per loro la dittatura era un capriccio, una forma di adulterio. Volevano tradire la moglie, certo, ma non intendevano assassinarla. Adesso la vedono morta, la loro Repubblica, la loro libertà. E la piangono." E ancora: "Vi è un abisso fra la casta dei nostri attuali dirigenti e il resto della nazione. Gli altri francesi, avendo ben poco da perdere, hanno meno paura. Quando la vigliaccheria non soffoca più negli animi i buoni sentimenti, questi (patriottismo, amore per la libertà, ecc) possono fiorire.....Il mondo è sempre più diviso fra chi possiede qualcosa e chi è nullatenente.I primi non vogliono mollare niente e i secondi vogliono prendere tutto. Chi l'avrà vinta?" (n.d.r. trovo, ahimè, ancora attuali queste parole) Qui si interrompe la narrazione che,nelle intenzioni della Némirovsky, avrebbe dovuto proseguire seguendo le vicende di Benoit, mandato a Parigi, dai Michaud, da Lucile; la storia di Jean-Marie, figlio dei Michaud, che incontra Benoit in carcere; il collaborazionista Corte; l'amore tra Lucile e Jean-Marie. L'intento di Iréne era quello di dare maggiore risalto alla vita quotidiana, affettiva e "soprattutto la commedia che è specchio della realtà di tutti i giorni". Come del resto ha fatto dire a Gabriel Corte all'inizio del romanzo: "Te l'ho sempre detto, non dai abbastanza peso alle comparse. Un romanzo deve assomigliare ad un viale pieno di sconosciuti, in cui passano solo due o tre creature che conosciamo a fondo, non di più. Prendi certi scrittori, come Proust: hanno saputo utilizzare le comparse. Se ne servono per umiliare, per sminuire i personaggi principali. Niente di più salutare, in un romanzo, di questa lezione di umiltà inflitta ai protagonisti. Pensa, in Guerra e pace, alle contadinelle che attraversano la strada davanti alla carrozza del principe André ridendo e la prima immagine che ne hanno è quella di lui che parla con loro, alle loro orecchie; nello stesso tempo la visione del lettore si allarga, non c'è più un singolo volto, una sola anima, si scopre la molteplicità delle forme" E'un miracolo se Suite francese, redatto su un quaderno in grafia minuscola per risparmiare l'inchiostro e chiuso per anni in una valigia assieme ad alcune fotografie, sia giunto fino a noi. Iréne sapeva di non poterlo portare a termine; in una delle sue ultime lettere datata 11 luglio 1942 e scritta all'amico direttore letterario della casa editrice Albin Michel dice:" Caro amico...non mi dimentichi. Ho scritto molto.Saranno opere postume, temo, ma scrivere fa passare il tempo" Verrà arrestata il 13 luglio, portata al campo di concentramento di Pithiviers e poi deportata ad Auschwitz, dove morirà il mese successivo. Grazie Iréne.