Questo libro rappresenta per me il regalo di un’amica di diversi compleanni fa ed è rimasto in libreria per lo stesso numero di anni. Poi è giunta l’ispirazione e ho deciso di recuperarlo. E ciò è significato un duplice ritorno alle origini: sia a livello personale, perché ho riscoperto l’interessante, complesso e affascinante lavoro di esegesi biblica; sia, e soprattutto, da parte dell’autore, Erri De Luca. Un libro pubblicato per la prima volta nel 1991 e che torna sempre di attualità, visti gli eventi che continuano a flagellare il Medio Oriente. Credo sarebbe utile calarsi nell’ambientazione propria di quest’opera, la Terra Promessa; e no, non mi riferisco semplicemente al libro oggetto di questa recensione, bensì a quella vera e propria biblioteca che è la Bibbia, a cui esso si ispira. Questo anche per tentare di comprendere perché una "striscia” di terra sia oggetto da tempo immemore di tanto odio, rivalità, violenza, guerre e orrori di altro genere, e forse il motivo per cui la tanto auspicata ed equilibrata soluzione dei “due popoli, due Stati” sia di difficile, se non impossibile realizzazione. Bisogna tornare alle radici della storia del popolo d’Israele. Lo scrittore napoletano, classe 1950, pone come lapidaria epigrafe del libro “Non ti è imposto di completare l’opera ma non sei libero di sottrartene” del rabbino Tarfón, lo stesso motto scritto a caratteri cubitali nella homepage della sua Fondazione (per chi ne fosse curioso, questo è il sito: ➡️://fondazionerrideluca.com/): la dimostrazione palese della passione e dell’impegno profuso sia nell’attività di scrittore sia nella lotta quotidiana portata avanti per i diritti degli ultimi e per la conservazione del patrimonio naturale. Ma anche dell’incredibile fascino subito dalla letteratura e, soprattutto, dalla polisemica e complessa lingua ebraica che ha studiato, addirittura, da autodidatta. Inoltre, il suo passato poliedrico in cui ha svolto diversi lavori, soprattutto come operaio in svariati settori, la forte militanza politica e lo stesso, attuale hobby di alpinista permangono nel suo stile di scrittura, nell’abilità con cui intreccia i fili di una trama davvero intricata e cerca di scalare la “montagna” di eventi e personaggi che ha davanti. Il suo intento, infatti, è ambizioso: cercare di trarre delle risposte da alcuni famosi racconti biblici. E non sarebbe stata l’ultima volta ad interrogarsi su questi argomenti, si pensi agli ultimi due libri usciti proprio nel 2025, "La Genesi", scritto insieme a Haim Baharier e "Cucire un’amicizia. Conversazioni bibliche", con Marc-Alain Ouaknin. Interessante questo aspetto per un autore che non si professa propriamente ateo, ma “non credente”, forse a lasciare aperto lo spiraglio di una ricerca di qualcosa che sfugge ai sensi umani e ci trascende. Con molto rispetto si avvicina al testo biblico e tenta di interpretarlo e commentarlo tornando alla purezza della lettera, priva di sovrastrutture: a partire dal versetto 39 del Salmo 105 che poi è diventato il titolo dell’opera: “distese una nube per proteggerli e un fuoco per illuminarli di notte”. De Luca spiega proprio nella premessa che il significato letterale è piuttosto: “stese una nuvola come tappeto. Dio spiana il suo cirro ed esso, per effetto dell’ombra che produce, forma in terra una traccia” (p.11). Su tale “segnaletica celeste” il popolo ebraico segue, tra crisi d’identità e ribellioni, il proprio cammino di liberazione dalla schiavitù d’Egitto (metafora di tutte le schiavitù imposte dai “faraoni” della storia) fino alla terra di Canaan, cioè la Palestina. Con lo stesso metodo di lavoro analitico e filologico, De Luca seleziona alcuni episodi emblematici, tra cui la Torre di Babele, l’arco narrativo del patriarca Giacobbe, da ingannatore a oggetto di inganno, fino alla lotta con Dio, la vicenda di Giuseppe venduto dai fratelli, il passaggio del Mar Rosso, l’epilogo di Sansone, il buio della fede di Giobbe, il dilaniamento interiore del profeta Giona. Di tutti questi capitoli, ho trovato interessante e originale la prospettiva che anticipa la vicenda di Giuseppe, che è quella del fratello primogenito Ruben (o Reuven), colui che soffre perché a sua madre Lia il padre Giacobbe ha preferito sempre l’altra moglie, Rachele e che, quindi, “è colui che pretende giustizia negli affetti” (p. 37). L’abilità mostrata dall’autore che afferma di avvertire “la malinconia di essere lettore di Bibbia in un’epoca fredda” (p. 114) è consentire, invece, al lettore di immedesimarsi nelle diverse vicende e, facendo emergere la reale caratterizzazione dei personaggi, di empatizzare e comprendere le loro azioni. In ultimo, aggiungo, per chi fosse amante dell’arte pittorica, che il libro ha ispirato anche una suggestiva mostra dell’artista Giulia Piscitelli con l’omonimo titolo, allestita nel Museo del Tesoro di San Gennaro di Napoli, che è stata disponibile fino a Gennaio 2025 (alcune opere sono visionabili su questo sito: ➡️https://www.artapartofculture.net/2024/12/28/giulia-piscitelli-una-nuvola-come-tappeto/).