Sono legata alla saga di Hunger Games, pur avendo recuperato libri e film qualche anno dopo l’incredibile successo che l’ha accompagnata, fondamentalmente per un nome: Katniss, la protagonista, che ha consacrato al cinema il talento di Jennifer Lawrence e ha ispirato la mia identità digitale. Un nome scelto da suo padre guardando l’erba gatta crescere e svilupparsi nonostante le asperità del terreno. Insomma, un inno a quella parola che sentiamo ripetere spesso oggigiorno, “resilienza”. E poi è noto il tema della morte come vera posta in palio di un gioco apparentemente infantile e resa spettacolo per ricchi annoiati, con il motto “non ne rimase neanche uno”: dal mito del Minotauro, alle lotte dei gladiatori nell'Antica Roma, fino a Squid Game. Senza dimenticare i “dieci piccoli indiani” della maestra Agatha Christie. Ballata dell’usignolo e del serpente è il primo dei prequel scritto dall’autrice Suzanne Collins, pubblicato nel 2020 in piena pandemia, anch’esso presenta una struttura tripartita ed è ambientato più di sessant’anni prima degli eventi narrati nella trilogia originale. Ad esso è seguito L’Alba sulla mietitura, uscito a marzo 2025. È chiaro, quando si ha a che fare con un grande successo editoriale o cinematografico, si tenta di cavalcare l’onda emotiva ed affettiva dei fan il più possibile, per questo assistiamo ad una serie interminabile di prequel e sequel. Nei prequel, poi, è probabile una criticità lampante: il lettore o lo spettatore conosce già come si compirà l’arco narrativo di quel personaggio. Allora lo scrittore o sceneggiatore di turno deve essere molto abile nell’approfondire e focalizzare al meglio il background e rendere la trama avvincente. Nel caso del romanzo in questione ho letto svariate recensioni, soprattutto di riviste inglesi, molte favorevoli, per quanto non entusiaste, ma alcune facevano notare come la trama risultasse stiracchiata, le sottotrame sterili, la psicologia dei personaggi pressocché nulla. Personalmente credo invece che l’intento dell’autrice sia riuscito, muovendosi all’interno del genere distopico. Non era semplice, visto che ha lavorato sulla storia delle origini del villain, Coriolanus Snow. Certo, c’è da considerare che a volte i cattivi o gli antieroi, soprattutto sul grande schermo, risultano meglio caratterizzati e interpretati dei buoni, riscuotendo anche più successo, secondo forse il paradossale fascino del male. Coriolanus è così, magnetico, elegante, carismatico e i suoi inizi sono difficilissimi, ossia le macerie della gloria passata di una ricca famiglia di Capitol City, nell’immaginaria nazione di Panem, devastata dalla guerra. È costretto a raschiare il fondo del barile. Ed è guidato da una forza irresistibile, che supera il naturale desiderio di riscatto e lo porterà molto in alto: l’ambizione, perché “gli Snow si posano in cima”. Per essa non si farà problemi a calpestare i valori portanti della vita: l’amicizia e l’amore. Sì, perché questo romanzo sembrerebbe anche una storia d’amore, tra “il serpente” e “l’usignolo”; quest’ultimo, istintivamente, lo assoceremmo alla protagonista femminile, Lucy Gray. La ragazza è una cantante, suona la chitarra, si esibisce nella ballata che dà il titolo al romanzo, che racconta di un amore tradito. Non vuole fare la “crocerossina” di nessuno, perché vive senza casa e senza regole, reclama in ogni modo la sua indipendenza e la sua lotta per sopravvivere. Ed è il tributo del Distretto più sfortunato di tutta Panem, come lo sarà Katniss. Nella feroce gara degli Hunger Games, che qui troviamo rappresentati ad uno stato primordiale, i due personaggi si incontrano. Ma dall’esordio spregiudicato di Lucy cominciano ad affiorare nella mente del lettore i dubbi su chi realmente sia l’usignolo e chi sia il serpente. Per poi accorgersi che potrebbe non trattarsi di due poli opposti, di due entità distinte, ma di una dicotomia complessa presente in ogni animo umano. Gli altri personaggi, la malinconica “signoranonna” di Coriolanus, la cugina Tigris, presente anche nella saga originale, il represso decano Casca Highbottom e l’eroe tragico Seianus, insieme ai suoi genitori, si muovono all’interno della tela che Coriolanus tesse nel corso della sua discesa agli inferi. Non a caso, la perfida dottoressa Gaul, i cui orrorifici esperimenti genetici ricordano quelli degli scienziati nazisti, è la sua mentore. La Collins è coerente con lo stile dell’intera saga, rilegge la realtà contemporanea con sguardo cinico. E, senza fare spoiler, il finale vago del romanzo lascia aperta una domanda: in un mondo truculento, inquietante, violento, dove il capitalismo esasperato ha causato la divisione abissale tra i pochi ricchi della capitale e i molti poveri dei Distretti e si cerca di mantenere l’ordine con il terrore e uccidendo vittime innocenti, quanto può resistere e sopravvivere l’amore?