Ho riletto questa enciclica di Papa Benedetto XVI, dopo averla già analizzata durante gli anni universitari. Stavolta ho potuto meditarla e assaporarne le 101 leggerissime pagine che, con un linguaggio semplice e immediato, riescono ad affondare le radici nell'animo del lettore. Sì, perché la questione affrontata, a partire inevitabilmente da una prospettiva credente, riguarda un valore universale e sempre più in bilico. Che cosa significa vivere di speranza, al giorno d'oggi? E, soprattutto, è lecito sperare quando quotidianamente siamo assillati e travolti da notizie di cronaca nera, usciti a pezzi (fisicamente, mentalmente e socialmente) dalla pandemia, con la guerra alle porte dell'Europa, migliaia di innocenti lasciati morire di fame e sete a Gaza e via discorrendo? Per non parlare di drammi e tragedie che si possono vivere a livello personale, con il lavoro che stenta, ambienti sociali tesi e talvolta aggressivi e relazioni affettive terribilmente fragili. Insomma facciamo i conti in ogni momento con quella che alcuni studiosi hanno definito la "cultura della morte", in sintesi, la "normalizzazione e la banalizzazione del male". E anche con la “cultura dello scarto”, quando la società, in nome dell’efficientismo e della prestazione, considera solo i più forti ed emargina i più fragili, disumanizzandosi. Ci si accorge, così, di quanto la speranza, da tutte queste istanze contemporanee, venga costantemente soffocata e ridotta al silenzio. E quando la speranza svanisce... crolla l'ultimo pilastro per continuare a vivere. Lo sanno purtroppo molte persone, spesso vicine a noi, e molti giovani che non riescono più a respirare a pieni polmoni e cercano euforia e nuovo slancio in diverse forme di violenza e autolesionismo. Questo documento così importante di Papa Ratzinger, scritto nel 2007, durante il terzo anno di pontificato, rivela una grande tenerezza paterna e fornisce alcune indicazioni per orientarsi nel difficile cammino della vita contemporanea. Non è un processo agli esseri umani, il lettore non si sente mai nella posizione di doversi difendere ma, anzi, si sente abbracciato. Perché la logica da cui si parte è quella di un Amore infinito. Devo dire di aver provato un po' di nostalgia per l'enorme cultura di questo Papa, filosofo e teologo, indipendentemente da quello che si possa pensare del suo modo di governare la Chiesa e della decisione clamorosa di dimettersi, l'11 febbraio 2013. Troviamo una disamina del collegamento inscindibile tra speranza e fede, l'una senza l'altra non può sopravvivere e questa è una chiave di lettura molto importante. Si rievocano alcuni tentativi politici, nel corso della storia, di sovvertire i sistemi vigenti per creare un ipotetico mondo migliore per poi ricadere negli stessi compromessi che pensavano di superare. E con molta delicatezza e lucidità, si affronta il tema della sofferenza, ribadendo un Cristianesimo che non può fermarsi al dolore e rassegnarsi ad esso, ma deve sempre puntare alla Risurrezione. D'altronde, in un'altra opera, Gesù di Nazareth, sempre del 2007, Benedetto XVI ribadisce il concetto: "L'ingiustizia, il male come realtà non può semplicemente essere ignorato, lasciato stare. Deve essere smaltito, vinto. Questa è la vera misericordia. E che ora, poiché gli uomini non ne sono in grado, lo faccia Dio stesso - questa è la bontà incondizionata di Dio -" Un tema che è attuale anche nella missione di Papa Francesco e che, proprio in questo ultimo periodo, sta sperimentando sulla propria pelle. Allora qual è il messaggio universale, aperto anche a chi non ha fede o l’ha persa per qualsiasi ragione? Che questa benedetta speranza non può affondare semplicemente negli aspetti materiali, perché ogni cosa in questa vita è terribilmente limitato e destinato a finire: e perché troppo profondo è l’anelito che proviamo nell’anima per fermarsi a questo mondo. Inevitabilmente la speranza ci proietta ad un Oltre, in qualcosa o Qualcuno che ha incarnato la nostra realtà e la nostra umanità in ogni suo aspetto e poi l’ha redenta e liberata, aprendo ad un futuro di gioia e pienezza di vita. E in questa speranza, già da oggi e in ogni momento dell’esistenza, potremmo sentirci salvati.