«Tremo al solo pensiero di aver steso sulla carta questa storia... Perché di certo è una storia condotta sull'orlo della follia. Eppure l'ho ascoltata fino in fondo, senza mai dubitare delle parole di quell'uomo. Tanto più che a parlare era un sacerdote». Inizia così il testo dal titolo "Il diavolo nel cassetto", trovato dal protagonista nell'atto di riordinare una stanza piena di carte e manoscritti inviatigli con la speranza di avere da lui un «autorevole parere». Quel testo, ancora nella busta di consegna, attira la sua attenzione, non tanto per l'incipit, che poteva essere agli occhi del lettore un semplice espediente narrativo come tanti ne aveva visti, quanto per l'anonimato. Un manoscritto il cui autore voleva rimanere segreto, in un mondo in cui si ha paura dell'indifferenza, in cui è «Meglio essere accusati, calunniati, derisi, piutto che ignorati». Come mai? Seduto tra le sue scartoffie, egli continua la sua lettura e noi con lui. Ci troviamo in un racconto nel racconto: viviamo le reazioni del destinatario del testo misterioso, quelle del giovane Friedrich, anche lui protagonista di una storia che è quella del manoscritto ritrovato, e ci imbattiamo nella figura enigmatica di padre Cornelius, che ci racconta la sua emblematica storia personale. Fil rouge degli eventi la volpe, animale elegante e affascinante che qui rappresenta il Male, colei che è portatrice della "rabbia", pericoloso morbo «in grado di far emergere, della natura umana, ciò che da sempre si tenta di nascondere: l'insopprimibile ferocia che si cela in tutti noi.» Un romanzo in cui il canone classico del manoscritto ritrovato si mescola a toni noir e gialli, in una trama a incastro che ci disorienta e ci avviluppa fino al colpo di scena finale.