Il respiro del drago)
Letteratura Internazionale

Il respiro del drago, recensito da Lein

Fortunato è l’uomo che trova rifugio in se stesso. Una massima che il detective Harry Bosch ha fatto sua e di cui è debitore all’uomo che ora giace sul pavimento dell’emporio di liquori, nella periferia sud di Los Angeles. John Li, un commerciante cinese immigrato da anni negli USA, non ha neppure fatto in tempo ad afferrare la pistola che teneva per difesa sotto il bancone prima di essere freddato con tre colpi al petto. Forse una semplice rapina finita male, niente di insolito in quella zona della città. Ma scorrendo le registrazioni della telecamera di sorveglianza, una sequenza che risale alla settimana prima attira l’attenzione di Bosch: uno strano scambio di denaro tra Li e un giovane asiatico che ha tutta l’aria di essere una tangente. Il ragazzo viene fermato come principale sospettato, e l’ombra della Triade, la potente mafia cinese di cui Los Angeles è una delle roccaforti, inizia a insinuarsi tra le pieghe del caso. Ma questa volta Bosch avrebbe preferito che le sue ipotesi non avessero conferma. Perché nel video che riceve sul cellulare sua figlia, tredici anni, è legata e imbavagliata e fissa l’obbiettivo con uno sguardo che a Harry lacera l’anima. Qualcuno a Hong Kong, dove Maddie vive da sei anni con la madre, ha deciso di mandargli un chiaro avvertimento, colpendolo là dove è più vulnerabile. Bosch sapeva che sarebbe successo. Che, prima o poi, le forze oscure con cui combatte ogni giorno l’avrebbero trovata e usata per avere lui. Quel momento è arrivato.” *** Quando mi è stato regalato il mio e-reader (il Kobo Glo della Mondadori) il “pacchetto” d’acquisto comprendeva la possibilità di scaricare gratuitamente tre e-book tra una lista di titoli selezionati da loro, e siccome non ne ho proprio voluto sapere di leggermi Cinquanta sfumature di grigio - seppur gratuitamente – ho optato per questo titolo che è quanto di più lontano ci possa essere dai miei generi preferiti. Non mi piacciono i polizieschi, ne ho letti pochi e quei pochi sono bastati a farmi stare ulteriormente alla larga da questa categoria di libri. Ma come ho detto non ho quasi avuto scelta e così mi son nuovamente trovata a leggerne uno. Prima però di buttarmi a capofitto nelle pagine di questo volume ho dato uno sguardo veloce alle recensioni lasciate su aNobii (tra l’altro è una cosa che non faccio praticamente mai) e ne ho trovate di molto positive: ottima trama, gran protagonista, suspance fino alla fine. Bene, mi son detta, forse è la volta buona che mi ricredo circa questo genere. Ni. Ni perché non ho trovato nel libro tutta questa meraviglia descritta nelle recensioni e perché, dall’altro lato, è stato un libro che si “è lasciato leggere” abbastanza bene. Ma cercherò di spiegarmi meglio. Anzitutto è il caso di fare una riflessione sulla trama in generale: abbastanza buona. Dal mio punto di vista è articolata bene, i colpi di scena ci sono nella giusta quantità (e non come ne Il cacciatore di occhi di Fitzek dove ad ogni pagina ci si poteva aspettare la novità “imprevedibile”) e, tutto sommato, è sufficientemente intrigante, quel tanto che basta a convincerti a girar pagina per vedere che succederà. Tuttavia non si tratta di una storia in grado di sorprendermi realmente, nel senso che nella maggior parte dei casi sono stata perfettamente in grado di capire come si sarebbero messe le cose e che cosa sarebbe accaduto. Forse la colpa è mia, forse guardo troppi telefilm sul genere (CSI, Criminal Minds, ecc…), ma alla fine mi son trovata più volte a dirmi “sì, ma di sicuro questo è innocente” oppure “questa cosa non è come sembra e sarà invece in tal altro modo”… peraltro azzeccandoci tutte le volte. Sempre in relazione alla trama quello che invece mi è piaciuto sono stati i riferimenti alle Triadi cinesi, con accenni storici che hanno acceso la mia curiosità su un argomento di cui praticamente so poco o nulla. Ma ora veniamo al punto, a mio avviso, maggiormente dolente dell’intero romanzo: il protagonista. Io non ho la più vaga idea di come potesse essere questo detective Bosch nei romanzi precedenti, ma quello che ho letto in questo mi è ampiamente bastato. Come definirlo? Borioso, arrogante, malfidato e dedito alle entrate in scena stile Rambo non sono aggettivi sufficienti per far comprendere il detective in questione. Si tratta di un uomo di mezza età, detective da molti anni, che da subito mi è risultato molto antipatico visto le sue considerazioni nei confronti del collega più giovane, Ferras. Il nostro beniamino infatti non si capacita di come l’altro detective (dopo essere stato ferito in servizio) tenda a preferire il lavoro d’ufficio piuttosto che quello sul campo, e ad anteporre la famiglia al lavoro di detective. Scusi tanto, detective Bosh, ma non mi sembra una colpa così grave. Non sono tutti come lei che praticamente vive al lavoro. Punto estremamente irritante numero due: il detective Bosch crede di poter fare tuto da solo. Sempre e comunque. Poco importa se si trova a Los Angeles nel suo, per così dire, “territorio” (l’accanimento e il sospetto contro il collega asiatico Chu mi sembrano veramente eccessivi) oppure ad Hong Kong, circondato da molti nemici e pochi amici. Non si calma, lui vuole agire subito e da solo e non viene mai a più miti consigli anche dopo che questo suo atteggiamento – che io definisco da Rambo (il massimo delle sue idee sono infatti quelle di entrare sparando in qualsiasi camera d’albergo) – ha causato la morte di alcuni suoi cari. In definitiva un personaggio che mi è risultato indigesto fin dalle prime pagine. E non parliamo della figlia tredicenne, ma quella – fortunatamente per me – la si vede gran poco dato che passa i tre quarti del romanzo rinchiuso in un luogo non meglio precisato. L’unico che mi risolleva un po’ la rosa dei personaggi è Sun Yee, il nuovo compagno della ex moglie del nostro detective. Finalmente, e sottolineo il finalmente, un personaggio composto, serio, affidabile che preferirebbe risolvere la questione usando un po’ il cervello e non la pistola. Odino di ringrazio. Comunque all’inizio della recensione ho anche detto che è un libro abbastanza scorrevole (complice anche un più che buono stile di scrittura) e che non presenta “intoppi” particolari nella lettura. E questo – insieme al personaggio di Sun Yee – l’unico motivo per cui assegno tre stelline. Se fosse stato solo ed esclusivamente per il protagonista sarebbero state molte meno. VOTO: 3/5

Ricordati che questa è l'opinione di un lettore e non rappresenta una recensione ufficiale del libro.

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