Proust non è di facile lettura. Alla ricerca del tempo perduto è un'opera monumentale, proclamato quasi unanimamente un grande capolavoro,ma non è per tutti. Forse neanche per me se non avessi avuto l'ostinazione e la costanza di leggerlo i primi libri da sola poi in condivisa con lettori che via via rinunciavano. Siamo rimasti in 4 perplessi per la personalità di Proust da me spesso definito "pazzo". Certo non può essere definito così uno scrittore con la sua cultura che mi ha costretto a ricorrere continuamente alle note , per citazioni di personaggi politici, pittori scrittori e pittori, spesso con nomi di fantasia , ma riconoscibili per gli esperti. Nell'ultimo che ho letto Albertine scomparsa, lo stile non è cambiato però devo dire che l'analisi introspettiva, prima per la scomparsa fisica di Albertine, che ormai come nel precedente La Prigioniera, effettivamente si sentiva oppressa e poi per la sua morte.Il sesto volume infatti si apre con il colpo di scena della scomparsa di Albertine e Proust pur ipotizzando dove poteva essere andata incarica prima Aimè poi Saint Loup di riportarla indietro. La morte improvvisa cambierà tutto.Le parti iniziali sono occupate da un percorso interiore sulla perdita che alla fine sfocerà nell'oblio: Forse è fase più affascinante del percorso della presa di coscienza del lutto e dell'oblio che ne consegue. “La vita, secondo la sua abitudine che è quella di cambiare la faccia del mondo con il lavorio incessante di cambiamenti infinitamente piccoli, non mi aveva detto all’indomani della morte di Albertine: “Sii un altro”, ma, con cambiamenti troppo impercettibili perché mi fosse consentito di rendermi conto del fatto stesso del cambiamento, aveva quasi completamente rinnovato tutto dentro di me, di modo che il mio pensiero era già abituato al suo nuovo padrone – al mio nuovo io – quando si accorse che era cambiato; era da lui che dipendeva” (p. 272). Se nel libro non ci fossero continui riferimenti a cose e persone forse si riuscirebbe a cogliere questi attimi che nessun scrittore è riuscito a scrivere, però purtroppo la lettura è continuamente disturbata da ricordi che si sovrappongono, similitudini e soprattutto la gelosia anche postuma di Proust per le tendenze omosessuali di Albertine che lo ossessionano.Gelosia e senso di colpa per come ha trattato Albertine si alternano. Nella sua visita a Venezia ormai Proust non pens apiù ad Albertine e ha descrizioni fantastiche della città nella quale io ho vissuto per 4 anni e che mi è parso di rivivere. Un altro colpo di scena arriva con il telegramma che Albertine vive e vuole parlargli, ma è un equivoco in realtà il telegramma è di Gilberte e lui aveva male interpretato la firma!Dopo una lunga indecisione nella quale pensa di restare a Venezia mentre la mamma parte riceve 3 telegrammi e si affretta a prendere il treno. E' lì che con la madre apprende che Saint Loup sposerà Gilberte e nell'ultima parte disquisirà sull'omosessualità dell'amico e dell'amicizia con Gilberte. Ora c'è l'ultimo e settimo libro dal quale tutta l'opera ha preso il titolo e, penso, sarà un amarcord per tutto il percorso di lettura, ma lo vedremo e con costanza lo completeremo con coraggio!